Il lavoro frontaliero è sempre stato considerato un eldorado da chi vive ai confini ma anche dall’opinione pubblica in generale tanto che, in passato, in molti si sono addirittura trasferiti intorno a Svizzera, San Marino, Croazia o Principato di Monaco per lavorare in paradisi fiscali e vivere con i costi della vita italiani.

Il lavoro frontaliero è sempre stato considerato un eldorado da chi vive ai confini ma anche dall’opinione pubblica in generale tanto che, in passato, in molti si sono addirittura trasferiti intorno a Svizzera, San Marino, Croazia o Principato di Monaco per lavorare in paradisi fiscali e vivere con i costi della vita italiani. Ma oggi è ancora così? La crisi ha smontato anche questa certezza o fare la spola tra uno Stato el’altro conviene ancora? Andiamo a vedere quali sono i pro e i contro, le regole del lavoro frontaliero e come è cambiato in questi anni.

GLI ITALIANI PREFERISCONO LA SVIZZERA
I frontalieri italiani sono in tutto circa 80mila, di cui 65mila in Svizzera (quasi tutti dalle province lombarde di confine: Como, Varese e Lecco), divisi tra Canton Ticino (55mila) e Canton Grigioni – Engadina (dove spesso si registrano aumenti di lavoratori stagionali nel turismo, soprattutto dalla provincia di Sondrio). Da Rimini e anche dalle Marche sono 5600 i lavoratori italiani che decidono di andare a lavorare nella Repubblica di San Marino, in forte calo rispetto al 2011. I Liguri invece preferiscono (giustamente, vista la vicinanza) la Francia, oltre i confini del Principato di Monaco dove lavorano circa 4 mila italiani (contro i 2mila in Francia). A scegliere l’Austria, tra gli italiani, sono invece in pochi, un migliaio, mentre sono in crescita quelli verso la Slovenia che a oggi sorpassano i 1500. Certo, niente rispetto al flusso opposto che è di circa 10mila
sloveni verso l’Italia, ma il trend è in aumento soprattutto da quando il Paese è entrato nell’Unione Europea e nell’Euro.

Ma la Svizzera non è solo la prima scelta per i lavoratori: è anche diventata l’Eden delle aziende italiane. Basti citare il caso di Stabio, piccolo Comune ticinese a due passi dal nostro confine: burocrazia svizzera, tasse ticinesi e manodopera italiana. È su questi tre pilastri che si fonda il suo successo. Poco più di 4mila abitanti e quasi 5mila frontalieri che fanno del Comune una sorta di azienda diffusa. Rappresentazione unica di ciò che il Canton Ticino è diventato per le aziende nostrane: un vero e proprio paradiso da raggiungere. Missione tutt’altro che impossibile, anche perché da anni piovono gli inviti. Che tradotto significa: investimenti e arricchimento tecnologico. A tutto danno dell’Italia e del Varesotto, dove si assiste a un’emorragia continua di imprese che se ne vanno oltreconfine, ma a due passi.Senza dimenticare l’aspetto fiscale. Tra dirette e indirette, le imposte a carico delle società che hanno sede in Ticino si aggirano sul 25% degli utili, mentre in Italia spesso superano il 50. In Canton Ticino gli utili delle aziende sono tassati al 9%, a cui va aggiunta un’imposta comunale che a Stabio è il 65% di quel 9, una delle più basse delle zona, che ha contribuito senza ombra di dubbio a richiamare imprese e lavoro.

DALLE TASSE AGLI STIPENDI. PRO E CONTRO
Se di numeri parliamo, non possiamo non affrontare l’argomento tasse. D’altra parte, chi decide di lavorare oltreconfine lo fa sì per motivi occupazionali, ma anche di guadagno. Come funziona il regime fiscale quindi per i frontalieri? Rinvia quasi in tutti i casi alle convenzioni fiscali bilaterali sottoscritte dagli Stati per evitare la doppia imposizione sui redditi transnazionali. Le regole e i criteri fissati variano da uno Stato all’altro. Gli accordi, infatti, possono considerare la tassazione del lavoratore frontaliero nello Stato di residenza, nello Stato del luogo di lavoro o in entrambi.
Ogni Stato, infatti, conformemente alla propria legislazione in materia, deve evitare che il reddito transnazionale sia tassato due volte (doppia imposizione) e, quindi, arrivare alla stipula delle convenzioni fiscali bilaterali. Se non esiste la convenzione o se la convenzione non evita la doppia tassazione, il lavoratore può comunque fruire del credito d’imposta per i tributi pagati all’estero. Primo punto da mettere in luce è che la situazione fiscale, ma anche previdenziale, del lavoratore frontaliero cambia a seconda del Paese estero in cui lavora.

La Svizzera, o meglio il Canton Ticino, rimane il caso emblematico del lavoro oltreconfine e applica ai lavoratori italiani due diverse forme di tassazione: a chi abita nella cosiddetta “fascia” (tutte le zone fino a 20 chilometri dal confine), le tasse vengono trattenute dallo stipendio e la Svizzera si impegna a versare il 38% di queste all’Italia per garantire al lavoratore il welfare (in particolare il sistema sanitario) in patria. A chi abita
fuori dalla fascia, le stesse imposte vengono trattenute dallo stipendio, ma il lavoratore deve pagarle anche in Italia attraverso il modello unico. Ecco perché alcuni anni fa c’è stato il boom di persone che trasferivano la residenza nei pressi del Canton Ticino. In ogni caso, in Svizzera la tassazione salariale è molto più bassa della nostra e gli stipendi molto più alti perché anche il costo della vita oltreconfine lo è.
Un esempio? «Un addetto alle vendite all’outlet Foxtown di Mendrisio, l’ultimo arrivato, con il grado più basso », spiega Carlo Maderna segretario
generale FeLSA CISL Como «percepisce 3.500 franchi lordi al mese (circa 2894 euro lordi, ndr)».

A San Marino la situazione cambia: qui tutti i lavoratori italiani sono soggetti a doppia tassazione. Anzi, dal 2011 è stata introdotta dal governo locale una tassazione aggiuntiva del 9% in più per i transfrontalieri. Ma, finora, lo Stato italiano ha garantito loro una franchigia fiscale di 6.700
euro all’anno. Ancora differente il caso del Principato di Monaco: «Paghiamo sia in Italia con il modello unico, sia a Monaco direttamente dalla busta paga», commenta Simonetta Biazzi, direttore vendite Italia per il tour operator monegasco Qcns Cruise. «Non mi ritengo avvantaggiata rispetto agli Italiani che lavorano in Italia visto la doppia tassazione e assolutamente nessun vantaggio fiscale, ma neanche svantaggiata perché a Monaco gli stipendi sono mediamente molto più alti». In tutti i tre Paesi, comunque, la media del netto salariale è di gran lunga più alta di quella degli stipendi italiani. Infine i conterranei che lavorano in Austria, Francia e Slovenia sono tassati in Italia per tutti i redditi posseduti, compresi quelli percepiti oltreconfine. Occorre tener presente, tuttavia, che i redditi che derivano dal lavoro dipendente prestato sono esclusi dalla base imponibile fino all’importo di 8mila euro all’anno. In aggiunta a tale esenzione, il frontaliero è soggetto alla normale detrazione da lavoro dipendente. Questa ammonta a 1.840 euro se il reddito è inferiore a 8mila euro. In questo modo la tassazione sul reddito prodotto all’estero scatta soltanto a partire da 16mila euro all’anno. Per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zone di frontiera è fissata una franchigia di 6.700 euro per il 2012. Franchigia ridotta rispetto agli 8mila e cinquecento euro previsti per gli anni precedenti.

La situazione previdenziale dei frontalieri varia da Paese a Paese. In Svizzera si pagano i contributi obbligatori
all’Avs, la cassa previdenziale statale del Paese e quelli, sempre obbligatori, al secondo pilastro: «Questo accade perché i contributi pagati all’AVS (Assicurazione vecchiaia e superstiti, ndr) sono solo l’11% del Ral (retribuzione annua lorda) annuo, molto meno di quelli che un italiano paga all’INPS», continua Maderna. «Quelli del secondo pilastro variano in base all’età del lavoratore». In Svizzera l’età utile per andare in pensione
è di 65 anni. Per quanto riguarda San Marino esiste un accordo tra istituti previdenziali sanmarinesi e INPS per cui la pensione verrà pagata dal nostro Istituto di Previdenza. Chi è impiegato nel Principato di Monaco paga i contributi alle due casse, Inps e monegasca, e la pensione sarà formata dalla somma delle due contribuzioni.

PRIVILEGI? FINO A UN CERTO PUNTO…
Ma i lavoratori frontalieri sono davvero dei privilegiati? Se, fino a qualche anno fa, la risposta era certamente positiva oggi le cose stanno cambiando. In Svizzera le aziende offrono ai frontalieri stipendi più bassi di quelli garantiti ai residenti: «Non essendoci i contratti collettivi», prosegue Maderna, «non ci sono tutele e le aziende possono contrattare il trattamento salariale. Inoltre in Svizzera hanno il potere di licenziare in qualunque momento senza giusta causa». E la crisi non aiuta di certo. Insomma: c’è sì più lavoro e si guadagna di più, ma mancano anche certe tutele che in Italia sembriamo ancora avere. La condizione di lavoratore frontaliero è decisamente conveniente per chi risiede in fascia, ma dipende: «Chi viene da fuori», prosegue il sindacalista, «deve pagare le tasse in entrambi i Paesi. Quindi può avere un vantaggio solo se guadagna cifre molto alte».

I lavoratori di San Marino fino alla fine del 2012 tremavano: non era ancora certo che la franchigia fiscale di 6.700 euro sarebbe stata mantenuta. Se così non fosse stato avrebbero dovuto continuare a pagare le tasse in entrambi i Paesi ma senza alcuno sgravio fiscale nel nostro e sarebbe arrivati a essere decisamente penalizzati. Ma sembra proprio che, ancora per quest’anno, i lavoratori oltreconfine riceveranno la suddetta franchigia. Qualora essa dovesse l’anno prossimo o in futuro venire depennata, il carico fiscale per i circa 5 mila frontalieri subirebbe una vigorosa impennata. Basti pensare che il lavoratore che percepisce una busta paga di 1.500 euro, nel 2013 pagherà già 1.462 euro di tasse in più. Chi invece percepisce uno stipendio di 1.800 euro, si ritroverà a dover versare 1.486 in più.

Infine, il dipendente che si vede accreditare ogni mese un compenso di 2.200 euro, dovrà sborsare ben 2.033 euro in più rispetto all’anno precedente. Inoltre il governo di San Marino impone ai frontalieri un’imposta maggiorata: «Dal 2011 è stata introdotta dal governo di San Marino una tassazione solo per i frontalieri che sono costretti a pagare il 9% in più rispetto ai residenti, noi la consideriamo una tassa etnica e stiamo cercando di combatterla», spiega Lora Parmiani della Cgil di Rimini. In più oggi i controlli sono decisamente più rigidi: anni fa chi non risiedeva nei paesi di fascia per pagare meno tasse, per esempio, vi trasferiva la residenza affittando un appartamento ma rimanendo con la famiglia nella sua città. Ora questi “escamotage” non sono più così semplici da attuare. C’è da dire poi che «i lavoratori italiani a San Marino sono dei precari», commenta Parmiani «perché a loro il contratto a tempo indeterminato non viene fatto. Questa è un’altra forma di penalizzazione: si tratta di contratti che vengono rinnovati anno dopo anno, quindi senza nessuna certezza. E ovviamente sono quelli che saltano prima mentre i Sanmarinesi sono tutti a tempo indeterminato e sono privilegiati. Anche se, per la prima volta, la crisi ha condotto anche San Marino ad avere una lista disoccupati».

OPPORTUNITÀ NEI SERVIZI E NEL TURISMO
Ma in che settori lavorano i frontalieri? In Svizzera fino a qualche anno fa il settore preponderante era quello dell’edilizia che però oggi sta subendo, come ovunque, una battuta d’arresto. Sono invece in aumento le opportunità nei servizi, nella grande distribuzione e anche nella sanità dove vengono ricercati infermieri qualificati e medici. Nel principato di Monaco continuano ad essere turismo e commercio i settori trainanti mentre nella Repubblica di San Marino i frontalieri hanno sempre lavorato nell’industria, settore che però oggi sta vivendo le prime difficoltà anche nel piccolo stato confinante con la Romagna.

E quanto alla tutela dei propri diritti, a chi si rivolgono i frontalieri? I loro sindacati, così come il loro lavoro, sono oltrefrontiera. In Svizzera il sindacato principale è l’Osct (www.ocst.com) il cui sito offre anche diverse informazioni in merito al lavoro frontaliero. Ma esistono in diversi casi accordi tra istituti locali e italiani. È il caso del Csir, un consiglio sindacale formato dai due sindacati sanmarinesi e tre italiani o del Fai (Frontalieri Autonomi Intemeli, sito internet www.frontalieri.eu) un’associazione che rappresenta e difende i lavoratori italiani a Monaco e che sta portando avanti una battaglia per garantire alcuni diritti essenziali per chi, vuoi per sfuggire a una crisi che sembra non trovare vie d’uscita vuoi per fare carriera e avere uno stipendio comunque più alto, ha deciso di varcare ogni giorno il confine.

Lavorare Come Frontaliere – Vantaggi e Svantaggi da Conoscere