Il primo fondamentale dato che possiamo ottenere su di un valore quotato è il suo prezzo.

Il prezzo corrente, considerato come indicatore a sé stante, non fornisce nessuna indicazione
circa la convenienza o meno ad investire su di un determinato titolo.
Il prezzo corrente assume un significato solo se rapportato al giusto valore (Fair Value)
da attribuire al titolo in questione usando i parametri dell’analisi fondamentale.

Alcuni investitori, talvolta inconsapevolmente, cadono nell’errore psicologico di attribuire al prezzo di un titolo un valore apparente
che li porta a considerare un prezzo relativamente basso, ad esempio 10$, un indice di convenienza; laddove un prezzo relativamente
elevato, ad esempio 100$, rappresenterebbe invece un titolo “costoso” e quindi poco suscettibile di ulteriore apprezzamento.
Questo errore psicologico di valutazione, più diffuso di quanto non pensiate, non tiene conto, ad esempio, del contenuto patrimoniale
del titolo (Book Value). Il titolo che quota 10$ potrebbe infatti essere valutato al 500% del suo contenuto patrimoniale, mentre quello
che quota 100$ potrebbe essere valutato solo al 75%.
In riferimento al suo contenuto patrimoniale,  ovviamente, la convenienza del titolo che quota 100$ risulta più che evidente, anche in
presenza di un valore apparente di mercato pari a dieci volte il titolo da 10$.

La percezione psicologica del significato del prezzo, tuttavia, è tanto importante
che la maggior parte delle società tende a mantenere la quotazione dei suoi titoli
all’interno di un intervallo di “normalità” compreso fra i 20 e i 50 dollari per azione,
ricorrendo, nel caso il prezzo delle azioni assuma valori unitari troppo elevati, ad una operazione
di frazionamento delle azioni in circolazione che prende il nome di Split.

Una operazione di frazionamento delle azioni in circolazione (Split) ha un significato esclusivamente psicologico e non incide minima-
mente sulla partecipazione dell’investitore al patrimonio ed agli utili sociali. Per fare un esempio, se una società ha 10 milioni di azioni
in circolazione valutate sul mercato 50$ e le fraziona in ragione di 2 nuove azioni ogni vecchia, si troverà ad avere 20 milioni di azioni
valutate dal mercato 25$. Parallelamente, l’azionista possessore di 100 azioni vecchie si troverà in possesso di 200 azioni nuove, per
cui nulla cambia né nel valore del suo investimento né nella sua partecipazione percentuale al patrimonio ed agli utili della società.

L’unica cosa che cambierà, infatti, sarà la percezione psicologica del prezzo. Se a 50$ quel titolo poteva sembrare caro, a 30$  può
apparire addirittura conveniente. Eppure a 30$ la quotazione corrsponde a 60$ per azione prima del frazionamento! Misteri della
psiche umana: dal momento che il titolo non ha mutato nome, siamo portati a considerarlo sempre lo stesso titolo e non la sua metà.
Nell’esempio fatto, anche senza usare i parametri dell’analisi fondamentale, la cosa appare subito evidente; ma a fronte di ripetuti Split
che adottino rapporti di cambio diversi e più insidiosi (per esempio 7 ogni 6, poi 11 ogni 9, quindi  9 ogni 8 e così via) il pericolo di
cadere nella trappola è reale.

La percezione psicologica del significato del prezzo può inoltre indurci nell’errore
di ritenere  che le società aventi titoli quotati ad un prezzo unitario elevato, ad esempio 100$,
siano più solide e quindi più sicure di quelle con titoli quotati ad un livello apparentemente più modesto.
Un valore unitario elevato significa solo che la società, pur in presenza di quotazioni in costante crescita,
non ricorre, o ricorre raramente, ad operazioni di frazionamento (Split);
magari al solo scopo di avvalorare un’immagine da Blue Chips presso gli investitori.
Mentre, in realtà, le Blue Chips sono le società a più alta capitalizzazione,
non quelle con i titoli a prezzo unitario più elevato.

Sia nei mercati azionari americani riconosciuti come Stock Exchange che nel Nasdaq,
vige la regola per cui i titoli con una quotazione inferiore ad un dollaro dopo un certo periodo,
di norma tre mesi, vengono cancellati dal listino (Delisted).
Dopo di che tali valori verranno trattati esclusivamente fuori Borsa, all’ Over-the-Counter.

La percezione psicologica del significato del prezzo, vale a dire la forma, prevale quindi sulla sostanza, rappresentata dagli indicatori
dell’analisi fondamentale, non solo nelle scelte emotive degli investitori ma addirittura nei regolamenti dei mercati.

Di fatto, se da una parte è vero che i titoli con quotazione inferiore ad un dollaro spesso rappresentano società che hanno dichiarato
bancarotta o sono in procinto di farlo (ragion per cui molti diffidano dei titoli che hanno una quotazione inferiore ai 5$, considerandola
l’anticamera di un possibile declassamento a Penny Stoks), d’altra parte è anche vero che molti venditori di illusioni nell’anno 2000
avevano titoli quotati al Nasdaq centinaia di dollari per azione (nonostante le continue operazioni di Split finalizzate a “normalizzare” il
prezzo unitario) senza che per questo quei titoli valessero qualcosa in più della carta sulla quale erano stampati.

Sia per per evitare che i propri titoli vengano d’autorità cacellati dal listino (Delisted),
sia per ragioni di immagine connesse alla percezione psicologica del significato del prezzo,
le società quotate possono decidere di raggruppare le azioni in circolazione con un Reverse Split.

Una operazione di raggruppamento delle azioni in circolazione (Reverse Split) ha un significato esclusivamente psicologico e non
incide minimamente sulla partecipazione dell’investitore al patrimonio ed agli utili sociali. Per fare un esempio, se una società ha 100
milioni di azioni in circolazione valutate sul mercato 0.8$ e le raggruppa in ragione di 1 nuova azione ogni 10 vecchie possedute, si
troverà ad avere 10 milioni di nuove azioni valutate dal mercato 8$. Parallelamente, l’azionista possessore di 1000 azioni vecchie si
troverà in possesso di 100 azioni nuove, per cui nulla cambia né nel valore del suo investimento né nella sua partecipazione percen-
tuale al patrimonio ed agli utili della società.

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