L’atto di protesto reca la circostanziata indicazione delle dichiarazioni e dei comportamenti del soggetto obbligato a seguito della presentazione del titolo (cambiale o assegno). Le attestazioni in esso contenute hanno l’efficacia probatoria degli atti pubblici (art. 2700 c.c.) relativamente alle attività compiute dal pubblico ufficiale e ai fatti avvenuti alla sua presenza; laddove se ne voglia contestare la veridicità è quindi necessario che l’interessato promuova querela di falso (Cass. 30.8.1978, n. 4961, GC, 1979, I, 51; Trib. Napoli, 18.11.1977, DG, 1978, 780), non occorrente, invece, qualora il verbale di protesto risulti affetto da vizi tali da non corrispondere al modello configurato dalla legge (cfr. Cass. 24.3.1979, n. 1717, BBTC, 1980, II, 167).
Il carattere di atto pubblico del protesto deriva dalla natura di pubblico ufficiale del soggetto che procede alla levata dello stesso (De Lise 1972, 700) nonché direttamente dalle previsioni normative poste dagli artt. 51, Primo comma, 1. camb., e 45, 1. ass., che utilizzano l’espressione « atto autentico », che notoriamente identifica un « documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede » (art. 2699 c.c.). La peculiarità delle finalità perseguite dal protesto non ne consentono l’applicazione a fattispecie diverse da quelle per cui è normativamente previsto (Triola 1989a, 2; Cass. 13.12.1969, n. 3943, CED Cassazione).
Il protesto, quanto alla sua natura, deve ritenersi oggetto non di un obbligo, bensì di un onere, in quanto dalla mancata levata dello stesso deriva soltanto una conseguenza pregiudizievole (impossibilità di esercizio dell’azione di regresso) per il soggetto (…) che avrebbe dovuto compiere l’attività in questione (provocando, in particolare, la levata del protesto)
(De Lise 1972, 700).
Per quanto più specificamente attiene al protesto della cambiale, la migliore dottrina lo qualifica un « atto pubblico solenne finalizzato a far fede fino a querela di falso di determinate dichiarazioni di volontà e di determinate condotte riguardanti la presentazione del titolo cambiario, con particolare riferimento alla constatazione, in modo propriamente formale, del rifiuto o della mancanza di accettazione o del pagamento della cambiale » (Segreto-Carrato 2000, 403).
La levata del protesto consente al possessore del titolo l’esercizio delle azioni di regresso; viceversa, il protesto non è indispensabile ai fini della conservazione dell’azione cambiaria diretta nei confronti dell’emittente e dell’accettante della cambiale (Triola 1989a, 3; Segreto-Carrato 2000, 405; in giurispr. v. Cass. 18.2.1980, n. 1177, BBTC, 1981, II, 50; Cass. 12.1.1995, n. 329, RGC, 1995; Cass. 24.3.2006, n. 6687, Dejure Giuffrè), così come la sua mancanza non impedisce al portatore l’azione contro l’obbligato principale:
In merito alla prima delle contestazioni, la banca B eccepisce che la levata del protesto non costituisce un obbligo, bensì semmai un onere, l’assolvimento del quale è strumentale all’esercizio dell’azione di regresso nei confronti dei soggetti (traente, giranti) che sono appunto qualificati conte obbligati cambiari in via di regresso. Si giustificherebbe pertanto la decisione di non far “protestare” i titoli in questione, poiché per l’assenza di obbligati cambiari in via di regresso il protesto non avrebbe arrecato alcun vantaggio al creditore e avrebbe anzi comportato un aggravio di spese a suo carico: è infatti pacifico (cfr. Cass., 18.2.1980, n. 1177; Cass., 13.3.1980, n. 1683; Cass., 12.1.1995, n. 329; Cass 24 3 2006, n. 6687) che il protesto non sia richiesto per esercitare l’azione cartolare contro l’emittente del pagherò cambiario, né per esperire l’azione causale (ABF Roma 30.11.2010, n. 1001, www.arbitrobancarioftnanziario.it).
Per quanto invece riguarda il protesto di un assegno (artt. 46 e da 60 a 65 1. ass.), lo stesso avviene per mezzo della
constatazione ufficiale che il trattario, quale soggetto delegato al pagamento per ordine del traente, non ha provveduto all’adempimento della somma ordinariamente avente origine nel rapporto di provvista in favore del prenditore indicato ovvero del portatore del titolo legittimato secondo le regole della circolazione cartolare (Segreto-Carrato 1997, 302).
Anche con riferimento all’assegno il protesto assolve alla fondamentale funzione di rendere possibile l’azione di regresso contro il girante e gli altri obbligati, mentre l’azione del portatore nei confronti del traente rimane impregiudicata anche in mancanza di protesto, non essendo il traente a sua volta titolare di azione di regresso nei riguardi di alcuno (Cass. 4.5.1978, n. 2090, BBTC, 1979, II, 415; Cass. 23.8.1978, n. 3934, FI, 1978, I, 2746):
È indubitabile che l’art. 45 1. ass. banc. richieda la formalità del protesto al solo fine di legittimare le azioni cartolari di regresso contro gli ulteriori giratari. La norma in questione in effetti sancisce espressamente che il prenditore mantiene i suoi diritti contro il traente anche qualora il protesto non sia stato levato. Posto che, nella specie, l’assegno era munito di clausola di intrasferibilità e che tanto esclude a priori la circolabilità del titolo al di fuori dell’ambito soggettivo costituito dai titolari del rapporto causale, deve concludersi che la mancata levata del protesto non sia di per sé tale da pregiudicare l’esercizio dell’azione cartolare da parte della resistente contro il traente insolvente. Tale conclusione trova del resto conforto nella giurisprudenza in materia (cfr. ad es. Cass. 4.5.1978, n. 2090 secondo la quale la mancata levata del protesto dell’assegno non importa decadenza dall’azione di regresso contro il traente, nei cui confronti il portatore dell’assegno mantiene integri, a norma del secondo comma dell’art. 45 del r.d. 21.12.1933, n. 1736, i suoi diritti)
(ABF Milano 21.7.2011, n. 1548; conf., tra le altre, ABF Roma 7.2.2011, n. 248; ABF Napoli 29.11.2011, n. 1977, www.arbitrobancariofinanziario.it).
Peraltro, deve ritenersi che, in presenza di una irregolarità nella emissione di un assegno bancario (perché senza provvista o emesso senza autorizzazione), la levata del protesto da parte della banca trattaria, anche in mancanza di firme di girata e di obbligati di regresso, assolva alla funzione, prevista dall’art. 8-bis, 1. 386/ 1990, di far constatare formalmente l’esistenza della irregolarità avviando il procedimento di segnalazione della stessa alla competente autorità (cfr. ABF Roma 22.12.2010, n. 1577, www.arbitro-bancariofinanziario. it).
In dottrina, è stato osservato che la levata del protesto degli assegni continua ad effettuarsi per esigenze che per nessuna ragione possono collegarsi alla loro successiva circolazione, tenuto conto che tutti gli assegni sono ormai, in pratica, emessi con la clausola di non trasferibilità (art. 49 d.lgs. 231/2007): « con la conseguenza che la levata del protesto degli assegni continua a farsi perché essi sono (denominati) assegni, e non perché siano (ancora) titoli di credito » (Santoni 2011, 553).
La giurisprudenza di legittimità ha rilevato che la falsità della firma di traenza non impedisce al portatore di richiedere il protesto del titolo, poiché tale adempimento, per quanto inutile nei confronti del traente, può rendersi necessario per promuovere una azione di regresso contro altri coobligati diversi dal traente medesimo (Cass. 4.6.1968, n. 1683, GI, 1969, I, 1573; Cass. 18.10.1974, n. 2936, FI, 1974, I, 3307).
L’art. 45, 1° comma, nn. 2 e 3, 1. ass. contempla altresì la possibilità (invero abbastanza marginale nella prassi) che il rifiuto del pagamento sia constatato con dichiarazione del trattario scritta sull’assegno bancario con l’indicazione del luogo e del giorno della presentazione ovvero con dichiarazione di una stanza di compensazione datata e attestante che l’assegno bancario è stato trasmesso in tempo utile e non è stato pagato:
la dichiarazione della stanza di compensazione deve, come enunciato [dall’art. 45, 1° comma, n. 3, L assi , essere sottoscritta dall’organo dirigente della stanza in cui l’assegno è stato presentato e presso cui la banca trattaria sia rappresentata, onde non può ravvisarsi una constatazione equivalente nella mera apposizione dei timbri della stanza stessa, recanti sigle e date diverse, e l’annotazione meramente informale, contenuta in un foglietto accluso, che non vi era copertura con riferimento ad una certa data
(Cass., 15.4.1976, n. 1341, GC, 1976, 1, 1031).
L’art. 45 1. ass. consente dunque al portatore di un assegno bancario, presentato in tempo utile e non pagato, di esercitare il regresso contro i giranti, il traente e gli altri obbligati anche laddove il rifiuto del pagamento sia constatato « con dichiarazione di una Stanza di compensazione datata e attestante che l’assegno bancario le è stato trasmesso in tempo utile e non è stato pagato ». Tale dichiarazione, equivalente ai fini del regresso al protesto, è resa dai Capi delle Stanze di compensazione di Roma e Milano in qualità di pubblici ufficiali, su richiesta del trattario.
I capi delle Stanze comunicano mensilmente gli elenchi dei protesti ai Presidenti delle Camere di commercio per la successiva pubblicazione nel Registro informatico dei protesti e trasmettono ai Prefetti i rapporti di accertamento degli illeciti amministrativi consistenti nell’emissione di assegni senza autorizzazione o senza provvista. Qualora l’emissione di assegni sia connessa a reati perseguibili d’ufficio (v. art. 331 c.p.p.) il Capo della Stanza, in qualità di pubblico ufficiale, è tenuto ad inoltrare denuncia scritta alla competente Autorità Giudiziaria.