Come Aprire Negozio di Elettrodomestici

Gli adempimenti per l’apertura di un negozio di elettrodomestici, come di qualsiasi altro tipo di esercizio di vendita al dettaglio, variano a seconda della superficie di vendita del negozio e della popolazione del comune in cui si intende operare.

Secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 114/98 per aprire un esercizio fino a 150 mq (250 mq per i comuni con oltre 10.000 abitanti) è sufficiente inviare una comunicazione al Comune di appartenenza in cui va indicato: di essere in possesso dei requisiti morali; il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio; di aver rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico sanitaria, i regolamenti edilizi, le norme urbanistiche e quelle relative alle destinazioni d’uso dell’immobile. Trascorsi 30 giorni dall’invio della comunicazione l’attività può essere avviata. Poi entro 30 giorni dall’ effettiva apertura occorre iscriversi al registro delle imprese e alla gestione Inps dei commercianti.

Per attività con una superficie di vendita compresa tra i 150 e i 1500 mq (250 e 2.500 mq per i comuni con oltre 10.000 abitanti) si deve invece richiedere al Comune un’autorizzazione amministrativa che viene rilasciata in base ai criteri di programmazione che il Comune stesso si deve dare sulla base di indirizzi regionali.

Riguardo al capitale necessario per l’apertura di un negozio di questo genere bisogna prevedere una spesa iniziale di almeno ottantamila euro Una delle principali voci di spesa è l’acquisto della prima fornitura di merce sulla quale è molto difficile ottenere dilazioni di pagamento. Vanno poi considerate le spese di ristrutturazione e di arredamento del locale che deve essere di almeno 150 mq per poter offrire una buona esposizione della merce. Ci sono poi le spese per le pratiche di avvio, le spese di promozione, l’acquisto dell’attrezzarura informatica minima per la gestione dell’attività e naturalmente le spese di gestione .

Come Aprire un’Impresa di Pulizie

L’esercizio dell’attività di pulizia è disciplinato dalla Legge 25 gennaio 1994 n. 82 e dal D. M. del 7 luglio 1997 n. 274.

Un impresa di pulizia per iscriversi al Registro delle Imprese o all’Albo provinciale delle imprese artigiane deve possedere i requisiti di:

· onorabilità;

· capacità economica – finanziaria;

· capacità tecnico – professionale.

I requisiti di onorabilità devono essere posseduti, nel caso di impresa individuale, dal titolare, nel caso di Snc da tutti i soci, nel caso di Sas dai soci accomandatari e nel caso degli altri tipi di società da tutti gli amministratori. In particolare è necessario che:

a) non sia stata pronunciata sentenza penale definitiva di condanna o non siano in corso procedimenti penali nei quali sia stata già pronunciata sentenza di condanna per reati non colposi a pena detentiva superiore a due anni o sentenza di condanna per reati contro la fede pubblica o il patrimonio, o alla pena accessoria dell’interdizione dagli uffici direttivi delle imprese, salvo che sia intervenuta la riabilitazione;

b) non sia stata svolta o non sia in corso procedura fallimentare, salvo che sia intervenuta la riabilitazione ai sensi degli articoli 142,143 e 144 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

c) non siano state applicate misure di sicurezza o di prevenzione ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423; 10 febbraio 1962, n. 57; 31 maggio 1965, n. 575 e 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, o non siano in corso procedimenti penali per reati di stampo mafioso;

d) non sia stata pronunciata sentenza penale definitiva di condanna per il reato di cui all’articolo 513-bis del codice penale;

e) non siano state accertate contravvenzioni per violazioni di norme in materia di lavoro, di previdenza e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, non conciliabili in via amministrativa.

I requisiti di capacità economico-finanziaria si intendono posseduti al riscontrarsi delle seguenti condizioni:

a) iscrizione all’INPS e all’INAIL di tutti gli addetti, compreso il titolare, i familiari ed i soci prestatori d’opera;

b) assenza di protesti cambiari negli ultimi 5 anni a carico del titolare o dei soci o degli amministratori salvo riabilitazione o dimostrazione di avere completamente soddisfatto i creditori;

c) esistenza di rapporti con il sistema bancario da comprovare con apposite dichiariazioni bancarie riferite agli affidamenti effettivamente accordati.

I requisiti di capacità tecnica ed organizzativa, infine, si intendono posseduti con la preposizione alla gestione tecnica di persona (che non può essere però un consulente o un professionista esterno) dotata di almeno uno di questi requisiti:

a) avere assolto l’obbligo scolastico e avere svolto un periodo di esperienza professionale qualificata nello specifico campo di attività presso imprese del settore di almeno 2 anni come dipendente qualificato, familiare collaboratore, socio partecipante al lavoro o titolare;

b) possedere un attestato di qualifica di formazione professionale attinente all’attività;

c) avere conseguito un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o un diploma di laurea, in materia tecnica attinente all’attività.

Il possesso dei requisiti suddetti va dichiarato, su apposita modulistica, contestualmente alla domanda di iscrizione dell’impresa alla Camera di Commercio della provincia in cui ha sede l’impresa o all’Albo delle imprese artigiane. Inoltre, se l’impresa è interessata a partecipare alle procedure di affidamento di pulizia regolamentate da normative comunitarie, va compilato uno specifico modello in cui si chiede l’iscrizione in una determinata fascia di classificazione di volume d’affari al netto dell’IVA, si elencano i servizi eseguiti, si indicano i contratti in essere alla data di presentazione della domanda.

Per quanto riguarda l’investimento iniziale per l’avvio di un’attività di pulizie, si può stimare una spesa di circa ventimila euro, cifra con la quale è possibile coprire gli adempimenti di avvio, acquistare un mezzo di trasporto usato e le attrezzature di base.

Differenze tra Titoli di Stato e Conto Deposito

Uno dei maggiori dilemmi che ti si possono presentare, nel caso tu faccia parte della classe dei risparmiatori, è quello legato al fattore sicurezza. Le tue scelte sono sempre, in qualche modo, veicolate alla sicurezza che ti dà un certo investimento, anziché un altro.

La crisi economica non ha creato questa tua paura, ma l’ha semplicemente enfatizzata e resa ancora più evidente a causa di tagli, di picchiate dei tassi di interesse e ovviamente a causa anche del minor potere di acquisto che noi consumatori oggi abbiamo.
Se hai la fortuna di essere un risparmiatore dovrai tenere conto non solo delle tue paure ma anche di una serie di valori che potrebbero influire sul tuo modo di investire.

Sappiamo bene che lasciare i risparmi in banca, nel semplice conto corrente, non è altro che una costante spesa e che non esistono quasi più le banche che ti offrono qualche interesse affinchè tu rimanga con loro.
Quindi, invece di lasciarli nel conto corrente o scegliere di mettere i tuoi soldi sotto al materasso, scegli sempre di investire ma fai attenzione a
-le statistiche legate all’andamento dello spread; questo elemento incide spesso e volentieri sui tuoi soldi
-quale è il valore del rating dello Stato in cui intendi investire. E’ tristemente noto che ormai l’Italia è stata in qualche modo declassata e che il rapporto di rischio non è più così vantaggioso e sicuro.
-L’inflazione. Quanto è il valore effettivo del tuo denaro

Una volta che avrai chiare quali sono le posizioni economiche di questi, fattori potrai scegliere con criterio il tuo investimento ideale.
La scelta generalmente va su due versanti differenti che danno comunque un rendimento certo e un rischio pari a zero
-i Titoli di Stato
-i Conti Deposito

I Titoli di Stato, almeno per quanto riguarda l’Italia, hanno fatto da padroni per tantissimi anni. Fino a qualche anno fa erano uno dei pochi modi di investire il proprio denaro e guadagnarci cifre ragguardevoli. Oggi, purtroppo per te, non è più così ma i Titoli di Stato rimangono sempre un accesso ad un guadagno sicuro.

Quando parliamo di Titoli di Stato ci riferiamo principalmente ai Bot e ai Btp. Entrambi sono investimenti tranquilli e la differenza sostanziale tra i due è la durata del tuo investimento. Nel caso dei Bot la durata massima è di un anno mentre nei Btp si arriva a parlare anche di 7 anni.
Il tasso di interesse lo stabilisce lo Stato italiano e varia a seconda delle scelte economiche del nostro paese.

Il Conto Deposito ha in se una serie di vantaggi che non devi sottovalutare e che ti porteranno, quasi sicuramente, a sceglierlo come tipologia di investimento
-è un investimento a breve termine
-non ha costi di attivazione o chiusura rapporti
-puoi investire il capitale che desideri senza vincoli particolari
-ha un rendimento certo e dichiarato fin dalla stipula
-gestisci i tuoi soldi come e quando vuoi
-non hai da pagare le spese per la commissione al mediatore finanziario.

Quindi oggi il conto deposito è sicuramente l’investimento da preferire rispetti ai titoli di stato. Non a caso infatti migliaia di Italiani oggi hanno deciso di investire in questo modo.

Come si Apre un Certificato di Deposito

Il certificato di deposito è un titolo vincolato e trasferibile a terzi, chiunque ne è in possesso ha il pieno diritto al rimborso del capitale investito maggiorato di eventuali interessi.

Tali certificati hanno, solitamente, una durata che può oscillare dai tre mesi fino ad arrivare a 5 anni, ed il tasso applicato può essere fisso o variabile.

Vediamo nel dettaglio le tre diverse categorie di certificato di deposito
–Certificato di Deposito a tasso fisso, all’importo capitale saranno aggiunte le quote di interesse applicando un tasso prestabilito all’apertura, che non subirà variazioni nel corso della durata del deposito stesso;
-Certificato di Deposito a tasso variabile, l’investimento sarà remunerato sulla base di un tasso di interesse variabile, il tasso sarà calcolato periodicamente in base al contratto stabilito, è potrà variare di volta in volta in relazione all’andamento dei tassi di mercato;
–Certificato di deposito con interessi corrisposti attraverso cedole (coupon) e liquidati periodicamente;
-Certificati zero-coupon, ove gli interessi non saranno periodicamente liquidati, bensì saranno corrisposti alla scadenza del certificato di deposito alla pari col capitale investito.

VANTAGGI
– Certezza di recuperare l’importo capitale investito;
– Possibilità di effettuare investimenti di piccole somme;
– Tassi di interesse solitamente superiori alla media dei depositi bancari o postali.

RISCHI O SVANTAGGI
– rimborso possibile solo trascorsi i 18 mesi dall’apertura del certificato;
– rischio derivante dal tasso, se variabile non si ha mai la certezza del rendimento;
– in caso di certificati cartacei, rischio di smarrimento o distruzione degli stessi con conseguenti problemi nella riscossione.

Possono sottoscrivere i predetti certificati solamente le persone fisiche che risultano residenti nello Stato Italiano, la procedura di sottoscrizione è davvero semplice, basta recarsi infatti nella propria banca di fiducia e valutare attentamente i rischi e le peculiarità insieme al funzionario addetto, una volta stabilito di voler accedere ai certificati di deposito offerti dalla banca in questione, e fissati i parametri più vicini alle nostre esigenze basta avviare l’iter burocratico.
E’ sempre consigliabile farsi seguire in tutta la suddetta procedura da personale esperto o da una persona di fiducia che abbia delle pertinenze in merito, in modo tale da non ritrovarsi con un prodotto finanziario che anziché rifocillare le vostre tasche, le svuoti.
Uno strumento quello del certificato di deposito, un po fuori moda ormai, ma che potrebbe risultare ancora comodo per qualche piccolo risparmiatore che non ha intenzione di far dormire i propri soldi sotto il materasso.

Come Funziona l’Estinzione Anticipata di un Mutuo

Il decreto-legge n. 7 del 31 gennaio 2007 e la Legge n. 40 del 2 aprile 2007 di conversione con modificazioni del decreto 7/07 hanno previsto la cancellazione delle penali per l’estinzione anticipata del mutuo.

Fino ad allora la banca richiedeva penali, spesso piuttosto pesanti, nel caso in cui il mutuatario chiedesse di poter estinguere anticipatamente il debito pagando il capitale residuo.

Il compenso per l’estinzione anticipata doveva essere espressamente indicato sia nel prospetto informativo europeo (E.S.I.S.), sia nel “foglio informativo” e nel documento di sintesi prescritti dal C.I.C.R.

In un contratto di mutuo a tasso variabile la penale era generalmente fissata in percentuali contenute, mentre nei mutui a tasso fisso le banche erano solite richiedere penali molto forti e spesso indicate in maniera poco chiara.

Il decreto legge 7/07 ha stabilito che non vengano più applicate penali per estinzione anticipata dei mutui stipulati a partire dal 2 febbraio 2007 concessi da banche, istituti finanziari, ed enti di previdenza obbligatoria (INAIL, INPS, ecc..) per acquistare o ristrutturare unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica e professionale da parte di persone fisiche.

La Legge n. 40 di conversione con modificazioni del decredto 7/07 ha stabilito che non vengano più applicate penali neanche agli altri mutui siglati dopo il 3 aprile 2007.

Inoltre, un accordo tra ABI e associazioni dei consumatori ha definito l’importo massimo delle penali per estinzione anticipata applicabili ai mutui contratti prima del 03 aprile 2007 e 2 febbraio 2007.

Le misure massime delle penali di estinzione anticipata variano in funzione:

della tipologia del tasso di interesse (variabile, fisso o misto);
dell’anno in cui è stato sottoscritto il mutuo;
dell’“anzianità” del mutuo (a seconda che il mutuo sia nella prima o nella seconda metà del periodo di ammortamento, nel terzultimo anno o negli ultimi 2 anni).

Una possibilità molto interessante.