L’addebito mosso al lavoratore, oggetto di un procedimento disciplinare, deve consentire al lavoratore di giustificarsi prima che la sanzione sia irrogata. La previa contestazione dell’addebito ha, infatti, la funzione di consentire al dipendente incolpato di indicare le proprie giustificazioni e, al tempo stesso, di stabilire, con carattere di immutabilità, la condotta di cui è incolpato.
In proposito, l’art. 7, co. 2 e 3, Stat. Lav., dispone che Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Non è invece condizionata all’onere della preventiva contestazione, l’azione promossa dal datore di lavoro per chiedere il risarcimento del danno nei confronti del proprio dipendente, fondata sulla responsabilità derivante dalla violazione dell’obbligo di diligenza di cui all’art. 2104 cod. civ..V. Cass. 3 febbraio 1999, n. 950, in Notiz. giur. lav., 1999, 191.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Inoltre, il co. 5 della medesima disposizione stabilisce che In ogni caso i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per scritto del fatto che vi ha dato causa.
Questo significa che la contestazione deve essere fatta tramite una lettera di richiamo.
La violazione della procedura disciplinare determina la decadenza del relativo potere datoriale e, di conseguenza, l’invalidità della sanzione conservativa irrogata.
L’atto di contestazione deve essere riferibile al datore di lavoro.
Nell’ipotesi di società, la contestazione può essere esternata: sia da persona munita di rappresentanza tecnico-giuridica, sia, in base all’organizzazione aziendale predisposta dal datore di lavoro, dal dipendente cui sia stato affidato il compito dalla società.